Partecipare alla crescita dei territori
La condivisione diviene un’opportunità per unire la transizione energetica a forme di gestione condivisa, in grado di rispondere in modo più efficace ai bisogni delle diverse realtà territoriali
Tra San Venanzo (in provincia di Terni) e il Lago Trasimeno anche l’Umbria sta aprendo la strada per le comunità energetiche rinnovabili (Cer): “progetti energetici gestiti da e a beneficio di una popolazione locale” (Walker, G.; Devine -Wright, P., 2008), che vedono la partecipazione attiva della cittadinanza nel controllo diretto della risorsa primaria. L’ obiettivo principale del modello è quello di fornire “benefici ambientali, economici o sociali - piuttosto che profitti finanziari” rappresentando, allo stesso modo, un significativo punto di incontro tra amministrazione locale e società civile.
Il Decreto legislativo 199/2021 ha attuato la Direttiva europea “RED II” sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (2018/2001/UE) rendendo possibile anche nel nostro Paese lo scambio comunitario di energia rinnovabile, ma questo è stato solo l’inizio di un lungo percorso di recepimento che ha portato al riconoscimento formale. In Italia - secondo il report di Legambiente 2022- si contano circa 100 iniziative collettive (sicuramente aumentate di numero negli ultimi mesi): 35 comunità energetiche operative (meritevoli di citazione: il Consorzio Pinerolo Energia in Piemonte, in Veneto “Energia Agricola a km 0” o la Comunità di San Giovanni a Teduccio a Napoli), ed altre diffuse nella penisola. In Umbria San Venanzo e il Trasimeno si stanno muovendo per l’attivazione effettiva e sono solo in attesa dei decreti attuativi necessari a definire il sistema incentivante.
Ci troviamo di fronte a contesti sociali potenzialmente pronti al cambiamento che però trovano un contesto amministrativo ancora poco preparato. Infatti, persiste il problema derivante da una lenta regolamentazione da parte dell’apparato statale.
La Rete Servizi Energetici (Rse)e Luiss Business School hanno presentato nel 2022 i risultati di un progetto di mappatura relativo a 24 iniziative nazionali accreditate o in fase di accreditamento dal Gse, ; il documento evidenzia l’eterogeneità dei modelli di comunità energetiche rinnovabile attraverso la “Community Energy Map”.
Gli esiti della ricerca hanno evidenziato come ci siano delle differenze importanti tra le varie CER, sul piano tecnologico e giuridico, nel tipo di coinvolgimento delle amministrazioni (top down o bottom up) e nel tipo di benefici attesi. Sono stati così classificati tre tipi di Comunità energetiche Rinnovabili: Public Lead, in cui i proponenti del progetto sono prevalentemente pubbliche amministrazioni (con un approccio top down) e che si configura con una forte guida strategica pubblica; il modello Pluralista, che pone i cittadini al centro secondo una logica orizzontale di coinvolgimento (approccio Bottom Up) partendo dalla spinta della comunità locale, ed, infine, il modello Community Energy Builder (CEB), che si serve dell’aiuto di facilitatori specializzati per le adesioni nel territorio ed in cui la promozione è guidata da grandi realtà del settore energetico.
Il modello “Pluralista” pone molta attenzione alla condivisione del progetto con il territorio contribuendo allo stesso tempo alla sostenibilità ambientale e alla coesione della comunità.
Non sempre i processi partecipativi svolgono un ruolo centrale nel processo d’implementazione di una CER, poiché questo aspetto varia a seconda della sua natura soggettiva, anche in virtù dell’ elevato margine di autonomia di cui ogni realtà può disporre. Rimane il fatto che il modello si possa configurare come un importante opportunità per unire la transizione energetica a forme di gestione condivisa, auspicabile soprattutto per rispondere in modo più efficace ai bisogni delle realtà territoriali. L’uso di forme partecipative nello scambio comunitario di energia rinnovabile amplifica la diffusione del modello e dei suoi benefici che spaziano dal livello tecnico-energetico e ambientale, alla trasformazione sociale. Si pensi, ad esempio, come questi possano influire sull’aspetto motivazionale dei cittadini, direttamente coinvolti e responsabilizzati sulla gestione della risorsa primaria.
Se l’iniziativa parte da rapporti di vicinanza e nasce in maniera spontanea può essere più semplice individuare degli obiettivi comuni, ma anche in condizioni diverse di partenza l’aggregazione e la partecipazione della comunità possono divenire elementi strategici nel percorso di sviluppo.
Sono molti i vantaggi derivanti dalla collaborazione dei cittadini anche in progetti di titolarità pubblica, come l’attivazione di nuove reti e collaborazioni, il rafforzamento del legame con i luoghi ed il sentimento di fiducia, che generano un rapporto di “co-appartenenza politica” e una maggior identificazione nei territori stessi.
La partecipazione della comunità è quindi uno strumento chiave per la transizione energetica e, allo stesso tempo, per lo sviluppo sinergico dei territori.